Difficoltà relazionali

“Siamo, tutti quanti, plasmati e riplasmati dalle persone che abbiamo amato e, anche se tale amore può svanire, restiamo nondimeno opera loro” François Mauriac

La qualità delle relazioni affettive è strettamente collegata al benessere individuale e alla qualità della vita in generale.

 Aristotele diceva che l’essere umano è un animale sociale, che non è fatto per vivere in solitudine e aveva ragione!

 Tutto il nostro mondo affonda le sue radici nelle relazioni, la vita di ognuno di noi è legata a quella degli altri a vari livelli di profondità.

 Le difficoltà relazionali possono riguardare la sfera emotiva personale e relazionale. Possono coinvolgere solo un’area della vita, come ad esempio la coppia, o più aree come le amicizie, la relazione con i figli o con la famiglia d’origine, fino a diventare un vero e proprio disturbo che inficia gravemente la qualità della vita.

Dietro alle difficoltà relazionali si ritrova sempre una difficoltà nel riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni. Spesso accade che questo determini un atteggiamento di tipo difensivo, e spesso inconsapevole, che genera tensioni, conflitti e incomprensioni.

Queste difficoltà possono interessare adulti, bambini, adolescenti famiglie o coppie.

Il modo in cui entriamo in relazione con noi stessi e gli altri dipende, in larga parte, dalle esperienze infantili che sono state vissute all’interno della famiglia d’origine.

John Bowlby ha spiegato questo concetto con modelli operativi interni (MOI).

I modelli operativi interni si sviluppano all’interno della relazione di attaccamento e dipendono dalla qualità di tale relazione.

Bowlby teorizzò, infatti, l’esistenza nella specie umana di una motivazione innata a mantenere la vicinanza con la figura di accudimento, per garantirsi la sopravvivenza.

Successive ricerche hanno dimostrato che l’esperienza delle cure ricevute durante i primi anni di vita e le relazioni educative e affettive sperimentate all’interno dell’ambiente familiare, influenzano le modalità di regolazione emotiva, le risposte comportamentali e le modalità relazionali.

Queste esperienze determinano lo stile di attaccamento, che può essere sicuro o insicuro e guidare le scelte relazionali, ma anche la costruzione dell’identità e la personalità dell’individuo.

I modelli operativi interni si costituiscono attraverso queste esperienze e generano credenze su di sé, sugli altri e sul mondo. Essi costituiscono una sorta di matrice relazionale che influenzerà le relazioni future e il modo di concepirle.

A fronte di tali esperienze, quindi, ognuno porta dentro di sé alcune credenze, positive o negative, rispetto a sé stesso, all’altro e a quello che ci si può aspettare dagli altri nelle relazioni.

Queste credenze fungono da filtro cognitivo nell’interpretazione della realtà e, per un principio di coerenza interna della mente, tendono ad essere mantenute influenzando le scelte relazionali dell’individuo.

Comprendere, crescere, vivere meglio

Per esempio una persona convinta che verrà sempre tradita, tenderà a ricercare inconsapevolmente, relazioni in cui l’altro è inaffidabile, o ancora se una persona crede di non essere mai abbastanza si relazionerà all’altro con questo filtro cognitivo generando schemi relazionali che si ripetono e che, talvolta, possono generare relazioni tossiche e circoli viziosi da cui è molto difficile uscire da soli.

Diventare consapevoli delle proprie modalità relazionali e di come impattano e influenzano l’altro è il primo passo utile a risolvere il problema, perché permette di accedere alla possibilità di trovare nuovi modi e nuovi occhi per guardare e vivere la vita e le relazioni.

Il lavoro terapeutico può supportare la persona, la coppia o la famiglia nella comprensione dell’origine alla base di tali difficoltà, e sostenere nell’apprendimento di nuove modalità più utili al raggiungimento del benessere psicologico e, dunque, ad una migliore qualità della vita e delle relazioni.

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